Ritratto in studio

Il ritratto fotografico in studio

Non so se vi sia mai capitato, ma io mi sono dedicato al ritratto fotografico per più di 25 anni… la ritrattistica era a quell’epoca in assoluto il genere che preferivo.

Una cosa è durante un viaggio rubare un ritratto per strada ad una donna con bambino: per quanto bello sia quel momento dura pochi attimi e la relazione viene instaurata solo su iniziativa del fotografo.

Cosa completamente diversa è avere qualcuno che entra nello studio fotografico e ti dice: “fammi un ritratto….” Lì esplode l’alchimia, inizia il rituale di preparazione delle luci: una sorta di danza di corteggiamento durante la quale il fotografo studia il soggetto ancor prima di prendere in mano la fotocamera, l’eccitazione reciproca cresce durante quei minut. A prescindere dal sesso, dall’età e dall’aspetto di fotografo e soggetto, è proprio quel rito preliminare che precede lo scatto ad essere eccitante o imbarazzante: entrambi sanno che sta per accadere qualcosa di fortemente coinvolgente tra loro…

Inizia il rito:

Le luci prendono forma sul viso, le schiarite danno la giusta leggibilità alle ombre, la luce principale da i volumi giusti, le bandiere coprono le luci parassite… il set brilla di una luce irreale bellissima al centro dello strudio buio: sembra di essere una sala operatoria con il paziente pronto per iniziare l’intervento.

A quel punto il fotografo inizia ad interagire attraverso l’occhio vitreo della fotocamera con chi ha davanti. Dall’oculare è possibile osservare dettagli ed espressioni del viso che non si colgono neanche ad occhio nudo. Tutto questo lo sanno entrambi: il fotografo ha una supremazia schiacciante sul soggetto… In ogni rito che si rispetti c’è un aspetto fondamentale da rispettare: il rito viene celebrato da chi più sa. Il fotografo comanda brandendo la fotocamera come uno scettro che ne sancisce l’autorità.

Un ritrattista che si rispetti cerca l’anima del suo soggetto, deve raccontarne l’essenza nascosta e reale. Deve capire quel sottilissimo limite tra ció che il soggetto è per esaltarlo e ció che il soggetto non è per rispettarlo e non alterarlo…

Non è semplicissimo suscitare espressioni reali in uno shooting fotografico, ci vuole un pó di psicologia, un pó di semeiotica, un pó di sano qualunquismo per arrivare al cuore di chi abbiamo davanti alla fotocamera. Ogni porta ha la sua chiave giusta per essere aperta, il fotografo deve saperla cercare per aprire quella del suo soggetto.

Ritratto e personalità

Ho visto di tutto in quegli anni: persone che si spogliavano totalmente nudi nello studio “perchè andare dal fotografo è un pó come confessarsi”, persone scoppiare in lacrime “perchè tu hai visto senza conoscermi nei miei occhi cose che non avevo mai lasciato vedere a nessuno”, amichette seminude che iniziano a baciarsi sul set…

I politici sembra abbiano hanno studiato all’Actor Studio: ogni muscolo del loro viso è capace di trasformare un’espressione da angelo a demone sul set come nella vita pubblica, oltre a loro ci sono le persone che vengono a farsi la foto per il cimitero perchè ne vogliono una che sia bella per sempre…

Ho incontrato la quarantenne tutto pepe che si presenta con un rotolo di Domopack per farsi incellophanare nuda e fare un regalo al suo amante sposato che era il tuo cattolicissimo Capo Scout che ti faceva anche catechismo, ci sono anche i bambini brutti i cui genitori e nonni sono convinti del contrario come nel film Little Miss Sunshine

Per ovvi motivi non è possibile qui pubblicare la foto del ragazzo investito e deformato per sempre nell’aspetto e nella capacità di movimento dall’incidente: venne accompagnato dal suo avvocato. Per finire tante, tantissime persone felici di essere lì, di farsi un bel regalo, di viversi un momento speciale e sentirsi importanti per qualcuno in quel momento…

Gli scatti proseguono tra lacrime, risate, ammiccamenti, segreti e storie umane da raccontare…

La fine:

E come in un amplesso, la parte finale (selezione delle foto) è la meno interessante, la meno stimolante per entrambi. La magia è finita… si…. Ciascuno dei due puó chiedere all’altro: “ti è piaciuto?” ed entrambi possono vedere poi i risultati ed esserne felici a lungo. Quella foto scelta rimarrà e sarà un bellissimo ricordo per il fotografo e per il suo soggetto, ma l’emozione vissuta sul set non si puó raccontare…

Ecco… questo è quello che si prova grazie alla fotografia attraverso un genere dimenticato come puó essere la ritrattistica….

NOTA BENE:

Le persone ritratte nelle foto di questa pagina nulla hanno a che vedere con i contenuti di testo che sono comunque espressione della creatività dell’Autore.

Come fare ritratti in viaggio (Parte 2)

In QUESTO ARTICOLO abbiamo parlato di come avvicinarci ai nostri Soggetti per ritrarli durante un Viaggio. Abbiamo visto le problematiche culturali e la difficoltà ad ottenere il loro consenso.

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Foto: © Roberto Gabriele

Questa volta invece vedremo gli aspetti più tecnici, quelli che vengono dopo l’approccio, quando cioè il nostro Soggetto ci ha autorizzati a scattare qualche foto, questo è il nostro momento creativo, fotografico. In pochi istanti si scarica tutta l’adrenalina, sentiamo il brivido di scattare e subliminare in un scatto fotografico l’essenza del soggetto, la sua anima, il luogo in cui vive, la sua cultura, gli abiti che indossa e il vissuto personale che porta con e dentro di sè.

Personalmente pur essendo uno smaliziato Fotografo Professionista con 25 anni di esperienza provo sempre grandi emozioni quando scatto foto a qualcuno: sento lo scambio emozionale tra me e il mio Soggetto, sento sempre un grande feeling, ho bisogno di sentire la partecipazione del mio Soggetto allo scatto, che si tratti di una modella perfetta o dell’ultimo degli straccioni che vivono in India ben oltre i limiti della dignità umana.

Comporre l’inquadratura

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Foto: © Roberto Gabriele

Il tempo per fare le cose è sempre poco, spesso i nostri incontri con i soggetti durano pochissimi istanti, secondi. Molto spesso le persone che vorremmo fotografare stanno lavorando, o vanno da qualche parte, per loro già fermarsi è una grande dimostrazione di voglia di collaborare con noi. L’errore più grande che si possa fare è fargli passare la voglia di stare a nostra disposizione. Occorre essere veloci.

Scatta con l’ottica che hai montato in quel momento, NON metterti a fare sfoggio delle tue attrezzature, non cambiare obiettivi, ricorda che per molti quelli che per te sono movimenti naturali hanno un sapore sciamanico, la Fotografia e i suoi rituali possono essere fortemente contrastanti con chi hai davanti. Mettersi a smontare le ottiche fa perdere tempo e toglie la spontaneità del momento e del Soggetto. Scatta subito, non stare lì a costruire ciò che non c’è. Hai davanti a te tutto ciò che ti serve per una foto straordinaria: una Persona. Ci vuole un minimo di istinto e voglia di rischiare di perdere una foto o accettare che non sia perfetta, ma sacrifichiamo volentieri tutto in nome di una spontaneità prioritaria su tutto. Quando ho scattato questa foto avevo un 200 mm montato: impossibile a distanza creare un rapporto con questa ragazza dal profilo bellissimo. Potevo solo sfruttare la luce nel migliore dei modi con una silhouette che esaltasse le linee e le mettesse in contrasto con lo sfondo. Un tono chiaro e il nero. Certo, avrei potuto avvicinarmi, presentarmi, chiederle se potevo scattare salvo farla fuggire a gambe levate…. Ho preferito scattare subito e poi avvicinarmi a lei per condividere con lei il risultato ottenuto.

Rapporto con il Soggetto.

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Foto: © Roberto Gabriele

Tele, 200 mm anche in questo caso. Diaframma 2.8 aperto al massimo, esposizione manuale e curata in anticipo per questo scatto di un’altra ragazza con la pelle nera in controluce. Situazione estrema di ripresa in cui qualunque esposimetro si sarebbe trovato in forte imbarazzo a decidere al mio posto. Quando mi trovo in questi casi preferisco sempre scattare in Manuale per avere già tutto pronto dal punto di vista tecnico e poter scattare immediatamente quando “vedo” il mio soggetto. Il magnetismo di quello sguardo mi ha colpito, lei mi fissava ed era consapevole fino in fondo delle mie intenzioni di fotografarla e io lo facevo senza nascondermi, anzi, cercando una quinta introduttiva sulla destra che mi portasse a lei lasciandola in secondo piano.

Personalmente sono assolutamente convinto che il fotografo deve entrare in un rapporto intimo con il soggetto, deve saperlo affascinare, interessare, stimolarlo. Il rapporto di collaborazione tra i due deve essere massimo e asservito alle necessità fotografiche. E’ il fotografo che comanda, che tiene in mano la fotocamera con la quale decide l’Istante Decisivo in cui eseguire lo scatto. Il fotografo è il regista e deve saper gestire la scena, comandare senza imporsi, deve saper chiedere senza pretendere.

Nella fotografia di ritratto il vero soggetto che ritraiamo è l’anima e non la persona o il suo viso. Conseguentemente a questo punto di vista a mio avviso i migliori ritratti sono quelli in cui la persona guarda in macchina, la fissa, osserva il fotografo che si nasconde attraverso i riflessi delle lenti. In quello scambio impari di sguardi il fotografo vede e decide, mentre la persona prova i moti dell’anima che il fotografo saprà raccontare.

Ritratto Ambientato

Foto: © Roberto Gabriele

a volte il viso di una persona, il ritratto close up sono relativamente meno importanti del contesto ambientale in cui la persona è inserita e vive, è questo il caso del Ritratto Ambientato. Per scattare foto così abbiamo bisogno di un moderato grandangolo che ci permetta di avvicinarci al Soggetto senza stargli troppo attaccati (pensa come ti sentiresti tu con una fotocamera di uno sconosciuto puntata a pochi centimetri dal viso con un obiettivo di focale troppo corta). Il Ritratto ambientato racconta quindi tutto ciò che sta intorno al Soggetto e diventa non elemento di disturbo, ma anzi riempie l’inquadratura di ulteriori dettagli che aggiungono riferimenti su ciò che la persona fa. Prova a guardare cosa è in grado di fare questo uomo con i piedi che lavorano con la stessa abilità ed eleganza delle mani. Riprendere il solo viso sorridente avrebbe eliminato tutto il fascino dello scatto.

Scatti rubati

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Foto: © Roberto Gabriele

Ecco, questo è qualcosa da evitare: rubare foto senza il consenso dell’altro. In realtà in questa foto si vede una dissonanza palese tra il gesto della sua mano che mi diceva di non scattare e il suo viso sorridente che in realtà mi concedeva di farlo giocandoci un pò su con me in un divertente gioco fatto di negazioni opposte.

In posti come gli USA mi sarei già beccato una bella denuncia, altro che un sorriso…. E negli USA me ne sarei ben guardato dal fare una foto senza il consenso SCRITTO della persona ritratta. Il poterlo fare qui perchè sappiamo che non avremo conseguenze, non ci autorizza a prevalicare gli altri con la nostra fotocamera.

Il Flash

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Foto: © Roberto Gabriele

Non uso quasi mai il flash se non per scattare in pieno giorno persone con la pelle nera! Lo faccio perchè la sua schiarita è importante per prendere i dettagli che altrimenti con le ombre dure del sole a picco perderei. In questa foto della donna Touareg con il bambino ho esposto per il flash lasciando lo sfondo del deserto visibilmente sottoesposto ed enfatizzando così il concetto della solitudine di questa coppia madre/figlio dal resto del mondo.

14mm per questo scatto che ha una forte connotazione data anche da un forte editing che enfatizza alcuni colori e ne rende altri irreali.

Conclusioni.

La tecnica è importante, fondamentale, direi. Ma a mio avviso la parte da sviluppare meglio è proprio quella dell’approccio con il soggetto. La tecnica si sostituisce con la tecnologia che diventa sempre più sofisticata e user friendly, ma nessun chip (spero) potrà mai sostituirsi alla relazionalità emozionale che c’è tra fotografo e soggetto.

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