Come fare ritratti in viaggio (Parte 2)

In QUESTO ARTICOLO abbiamo parlato di come avvicinarci ai nostri Soggetti per ritrarli durante un Viaggio. Abbiamo visto le problematiche culturali e la difficoltà ad ottenere il loro consenso.

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Foto: © Roberto Gabriele

Questa volta invece vedremo gli aspetti più tecnici, quelli che vengono dopo l’approccio, quando cioè il nostro Soggetto ci ha autorizzati a scattare qualche foto, questo è il nostro momento creativo, fotografico. In pochi istanti si scarica tutta l’adrenalina, sentiamo il brivido di scattare e subliminare in un scatto fotografico l’essenza del soggetto, la sua anima, il luogo in cui vive, la sua cultura, gli abiti che indossa e il vissuto personale che porta con e dentro di sè.

Personalmente pur essendo uno smaliziato Fotografo Professionista con 25 anni di esperienza provo sempre grandi emozioni quando scatto foto a qualcuno: sento lo scambio emozionale tra me e il mio Soggetto, sento sempre un grande feeling, ho bisogno di sentire la partecipazione del mio Soggetto allo scatto, che si tratti di una modella perfetta o dell’ultimo degli straccioni che vivono in India ben oltre i limiti della dignità umana.

Comporre l’inquadratura

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Foto: © Roberto Gabriele

Il tempo per fare le cose è sempre poco, spesso i nostri incontri con i soggetti durano pochissimi istanti, secondi. Molto spesso le persone che vorremmo fotografare stanno lavorando, o vanno da qualche parte, per loro già fermarsi è una grande dimostrazione di voglia di collaborare con noi. L’errore più grande che si possa fare è fargli passare la voglia di stare a nostra disposizione. Occorre essere veloci.

Scatta con l’ottica che hai montato in quel momento, NON metterti a fare sfoggio delle tue attrezzature, non cambiare obiettivi, ricorda che per molti quelli che per te sono movimenti naturali hanno un sapore sciamanico, la Fotografia e i suoi rituali possono essere fortemente contrastanti con chi hai davanti. Mettersi a smontare le ottiche fa perdere tempo e toglie la spontaneità del momento e del Soggetto. Scatta subito, non stare lì a costruire ciò che non c’è. Hai davanti a te tutto ciò che ti serve per una foto straordinaria: una Persona. Ci vuole un minimo di istinto e voglia di rischiare di perdere una foto o accettare che non sia perfetta, ma sacrifichiamo volentieri tutto in nome di una spontaneità prioritaria su tutto. Quando ho scattato questa foto avevo un 200 mm montato: impossibile a distanza creare un rapporto con questa ragazza dal profilo bellissimo. Potevo solo sfruttare la luce nel migliore dei modi con una silhouette che esaltasse le linee e le mettesse in contrasto con lo sfondo. Un tono chiaro e il nero. Certo, avrei potuto avvicinarmi, presentarmi, chiederle se potevo scattare salvo farla fuggire a gambe levate…. Ho preferito scattare subito e poi avvicinarmi a lei per condividere con lei il risultato ottenuto.

Rapporto con il Soggetto.

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Foto: © Roberto Gabriele

Tele, 200 mm anche in questo caso. Diaframma 2.8 aperto al massimo, esposizione manuale e curata in anticipo per questo scatto di un’altra ragazza con la pelle nera in controluce. Situazione estrema di ripresa in cui qualunque esposimetro si sarebbe trovato in forte imbarazzo a decidere al mio posto. Quando mi trovo in questi casi preferisco sempre scattare in Manuale per avere già tutto pronto dal punto di vista tecnico e poter scattare immediatamente quando “vedo” il mio soggetto. Il magnetismo di quello sguardo mi ha colpito, lei mi fissava ed era consapevole fino in fondo delle mie intenzioni di fotografarla e io lo facevo senza nascondermi, anzi, cercando una quinta introduttiva sulla destra che mi portasse a lei lasciandola in secondo piano.

Personalmente sono assolutamente convinto che il fotografo deve entrare in un rapporto intimo con il soggetto, deve saperlo affascinare, interessare, stimolarlo. Il rapporto di collaborazione tra i due deve essere massimo e asservito alle necessità fotografiche. E’ il fotografo che comanda, che tiene in mano la fotocamera con la quale decide l’Istante Decisivo in cui eseguire lo scatto. Il fotografo è il regista e deve saper gestire la scena, comandare senza imporsi, deve saper chiedere senza pretendere.

Nella fotografia di ritratto il vero soggetto che ritraiamo è l’anima e non la persona o il suo viso. Conseguentemente a questo punto di vista a mio avviso i migliori ritratti sono quelli in cui la persona guarda in macchina, la fissa, osserva il fotografo che si nasconde attraverso i riflessi delle lenti. In quello scambio impari di sguardi il fotografo vede e decide, mentre la persona prova i moti dell’anima che il fotografo saprà raccontare.

Ritratto Ambientato

Foto: © Roberto Gabriele

a volte il viso di una persona, il ritratto close up sono relativamente meno importanti del contesto ambientale in cui la persona è inserita e vive, è questo il caso del Ritratto Ambientato. Per scattare foto così abbiamo bisogno di un moderato grandangolo che ci permetta di avvicinarci al Soggetto senza stargli troppo attaccati (pensa come ti sentiresti tu con una fotocamera di uno sconosciuto puntata a pochi centimetri dal viso con un obiettivo di focale troppo corta). Il Ritratto ambientato racconta quindi tutto ciò che sta intorno al Soggetto e diventa non elemento di disturbo, ma anzi riempie l’inquadratura di ulteriori dettagli che aggiungono riferimenti su ciò che la persona fa. Prova a guardare cosa è in grado di fare questo uomo con i piedi che lavorano con la stessa abilità ed eleganza delle mani. Riprendere il solo viso sorridente avrebbe eliminato tutto il fascino dello scatto.

Scatti rubati

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Foto: © Roberto Gabriele

Ecco, questo è qualcosa da evitare: rubare foto senza il consenso dell’altro. In realtà in questa foto si vede una dissonanza palese tra il gesto della sua mano che mi diceva di non scattare e il suo viso sorridente che in realtà mi concedeva di farlo giocandoci un pò su con me in un divertente gioco fatto di negazioni opposte.

In posti come gli USA mi sarei già beccato una bella denuncia, altro che un sorriso…. E negli USA me ne sarei ben guardato dal fare una foto senza il consenso SCRITTO della persona ritratta. Il poterlo fare qui perchè sappiamo che non avremo conseguenze, non ci autorizza a prevalicare gli altri con la nostra fotocamera.

Il Flash

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Foto: © Roberto Gabriele

Non uso quasi mai il flash se non per scattare in pieno giorno persone con la pelle nera! Lo faccio perchè la sua schiarita è importante per prendere i dettagli che altrimenti con le ombre dure del sole a picco perderei. In questa foto della donna Touareg con il bambino ho esposto per il flash lasciando lo sfondo del deserto visibilmente sottoesposto ed enfatizzando così il concetto della solitudine di questa coppia madre/figlio dal resto del mondo.

14mm per questo scatto che ha una forte connotazione data anche da un forte editing che enfatizza alcuni colori e ne rende altri irreali.

Conclusioni.

La tecnica è importante, fondamentale, direi. Ma a mio avviso la parte da sviluppare meglio è proprio quella dell’approccio con il soggetto. La tecnica si sostituisce con la tecnologia che diventa sempre più sofisticata e user friendly, ma nessun chip (spero) potrà mai sostituirsi alla relazionalità emozionale che c’è tra fotografo e soggetto.

Calcutta – l’India più vera

CalcuttaColor cerbiatto, zuccherino, un liquido denso, carico di latte. Lo passano attraverso un tessuto bianco, di dubbia pulizia, per arrivare alla consistenza giusta, mentre un capannello di gente guarda attenta. Dicono che i rickshaw pullers, gli “uomini cavallo”, lo bevano per resistere alla fame, per farsi forza in mancanza di cibo. Ora i turisti ne fanno un rito di passaggio, un modo per sentirsi integrati in questa terra distante, un sapore zuccherino in un’amara, irrisolvibile povertà.

Li si trova ovunque, i venditori di thé: a ogni angolo delle strade, accovacciati, apparentemente insensibili al dolore di tante ore rannicchiati sulle ginocchia. In un lillipuziano vasetto di terracotta, versano il liquido bollente, aspettando che si getti via il bicchiere appena finito, aggiungendolo al mucchio di immondizia per le strade. Nella mia camera fa ancora capolino, quel piccolo contenitore, scambiato da tutti per un oggetto bioetico, uscito illeso dalle immancabili liti in aeroporto, tra i chili in più nel bagaglio verso casa.

E’ già passata una settimana, mi sto abituando al traffico che non conosce riposo: allo zoo a due, tre, quattro ruote e due gambe che popola le strade. “Tuc tuc”, moto, macchine, bici, tram e autobus: città della gioia o inferno di dolore?

Fa freddo, alle cinque e mezzo del mattino di questo lunedì.

Con altre quattro ragazze, anche loro volontarie con le suore di Madre Teresa, cammino ogni mattina dalla mia guesthouse alla chiesa, in tempo per la messa delle sei. Sono arrivata da quasi un mese, e già sento che sarà dura andar via. Ho cominciato il servizio con le suore di Madre Teresa, A Pren Dam, casa di accoglienza per malati e moribondi, oasi di pace tra le pieghe di AJC Bose Road, dove intere famiglie vivono per strada, quasi invisibili nella loro povertà.

Calcutta è una città che scuote, che distrugge, mettendoti al muro, in un odi et amo gridato dai cumuli di immondizia agli angoli delle strade. Non ci sono fogne, né bagni, né strade asfaltate: in giro mucche, cani, galline, uomini cavallo e bambini. E’ una città di impressioni: alcune forti, urlate, impresse sopra il rumore del traffico che non conosce riposo; altre silenziose, delicate, difficili da ascoltare e da comprendere. Ci sono voci nascoste dai clacson delle moto e delle macchine, canti mariani e richiami di muezzin, segnali di panico e richieste di aiuto, sottolineate dalle grida di chi da questa città vorrebbe fuggire, perché quello che vede è davvero troppo. Ma ci sono anche le parole che vincono il frastuono e penetrano nel nostro silenzio interiore, facendo breccia, imprimendosi nella a memoria.

Me l’hanno chiesto in tanti cosa mi ha lasciato questo viaggio.

Dei tanti giorni di volontariato in una città estrema che ho imparato ad amare mi resterà nel cuore una frase: “God still loves the world through me and you today”. 

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Calcutta

Come fare ritratti in viaggio (Parte 1)

Il ritratto fotografico in viaggio

Il ritratto fotografico non manca mai all’interno degli scatti che riportiamo a casa. I motivi per fare fotografie durante i nostri viaggi sono tantissimi e ciascun Viaggiatore e Fotografo ha i propri soggetti preferiti, ma al ritorno da qualunque destinazione tutti noi portiamo la foto delle persone che hanno viaggiato con noi o che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso.

Immancabili sono le foto che scattiamo alle varie etnie, ai vestiti tipici, ai tratti somatici, ai mestieri e agli accessori che ciascuno nella propria cultura, nel proprio Paese usa quotidianamente ma attrae la nostra attenzione di Viaggiatori e di Fotografi. Questo genere fotografico, il ritratto, porta a doversi misurare con varie problematiche, in questo articolo vediamo quali.

Occorre distinguere tra viaggio e viaggio, molto dipende da che tipo di persone incontriamo e quale tipo di cultura abbiano. Nei Paesi “Sviluppati” c’è (contrariamente a quanto in genere si pensa) maggiore diffidenza nei confronti di una fotografia scattata per strada le ripercussioni possono essere anche violente o legali. Chi di noi si farebbe fare una foto da un straniero di passaggio al semaforo? Nei Paesi che ancora vivono una civiltà rurale le cose diventano più facili e divertenti e abbiamo sempre tanta spontaneità che in noi Occidentali è scomparsa de decenni.

_RGA5863Problemi etici e morali

Il mondo è grande e le culture sono tante. Diciamocelo chiaramente: le cose più sono diverse da noi più ci piacciono e attirano la nostra attenzione e di conseguenza i nostri scatti fotografici.

Spesso partiamo apposta per andare a vedere certi Paesi e le loro etnie, per cercare quella diversità culturale da raccontare con le nostre immagini e il nostro interesse spesso si concentra sulla povertà altrui. Ora mettiamoci dalla parte di chi sta a casa sua, vive la sua vita in una casetta umile se non in una capanna o addirittura in una baracca…. Cosa penseremmo al loro posto vedendo un bel gruppone di Fotografi in vacanza che si presentano armati di fotocamera a caccia di immagini??? Beh…. Accettare il proprio stato e viverci è un conto, ben altra cosa è invece vedersi fotografati nella povertà come dei fenomeni da baraccone. Esistono sentimenti come la vergogna della propria miseria che andrebbero da parte nostra riconosciuti e rispettati. Che ci si creda o no per qualcuno la fotografia degli occhi ruba l’anima del soggetto ritratto, questo succede in ambiti religiosi animisti. In Yemen invece è tassativamente vietato per chiunque fotografare le donne anche se completamente velate sotto i loro burqa ma al contrario gli uomini accorrono spontaneamente a farsi fotografare ogni volta che vedono un turista intento a scattare tutt’altro. Bisogna anche evitare di fare foto di nascosto e tanto meno contro la volontà già espressa da qualcuno in tal senso: in Africa si rischia di passare alle mani, negli USA si rischia una bella denuncia per violazione della privacy e del diritto all’immagine…

Approccio con il soggetto ritratto.

ritratto
Bambino con Corano. Mali. Foto: © Roberto Gabriele

Vedere una persona, apprezzarne la fotogenia e scattare di nascosto il ritratto del secolo è il modo migliore per un fotografo farsi odiare dai propri soggetti. Occorre un approccio più morbido, forse basterebbe spesso quella che si chiama buona educazione o il semplice rispetto dell’altro. Quante volte ci è capitato di ricevere rifiuti ad essere ripresi da parte delle persone??? Quante volte abbiamo provato a chiedere il consenso allo scatto? Un pò di psicologia pratica nella vita non fa mai male vediamo come usarla per fare in modo che le persone siano più portate a posare per noi… Chiunque sia intento nelle proprie attività di vita lavorativa o privata, di norma preferisce restarci indisturbato e continuare la propria vita liberamente nonostante la presenza di numerosi turisti intorno… Un buon modo per relazionarsi con le persone è…. SALUTARLE!!!! Certo che un “Buongiorno” in Italiano è meglio che niente, un saluto si capisce anche dal gesto, ma è comunque meglio salutare nella loro lingua, prima di partire un minimo di frasario di circostanza dovremmo impararlo…. Buongiorno e arrivederci, grazie e prego nella lingua locale sono il vocabolario di sussistenza necessario per rompere il ghiaccio con chiunque, imparare 4 parole in una nuova lingua non richiede un gran sacrificio… Salutate sempre. SORRIDETE!

Il sorriso accompagnato al saluto sono il modo migliore per entrare in empatia con chi abbiamo di fronte…. Quando scattiamo un ritratto suggerisco anche di muoversi lentamente, di non essere troppo invadenti, di non voler apparire al di sopra del nostro interlocutore nè con i toni, nè con le parole, sorridere è un conto, ridergli in faccia e prenderlo in giro con la certezza che non capisca la nostra lingua è un’altro discorso….. Anche se non capisce le parole e il loro significato, capirà senz’altro i nostri pensieri, le emozioni che gli trasmettiamo…. Non toccare mai le persone, sembra banale, scontato ma non sempre è così…. Impariamo a chiedere le cose con i gesti, e ad interagire il meno possibile con la spontaneità delle persone che ritraiamo. Se sorridono o sono serie riprendiamole così come sono e sentono di essere, senza volerne cambiare noi gli stati d’animo: ridurremmo l’efficacia della foto e porteremo con noi una foto mal costruita.

Altri elementi che senz’altro possono essere di aiuto in uno scambio di cortesie mentre scattiamo un ritratto a qualcuno possono essere il parlare del tempo (lo facciamo anche da noi) basta indicare verso il cielo e fare dei gesti che spieghino il concetto di caldo o di pioggia o freddo ecc. Se il soggetto ha dei figli con sè potete presentarvi con il vostro nome, (sempre a gesti) e chiedere il nome dell’altra persona e/o dei suoi figli: a chiunque fa piacere parlare della propria famiglia. In tutto il mondo.

NON ABBIATE FRETTA! E NON MOSTRATE all’altro che l’unica cosa che volete è scattargli una foto, mostrategli invece che siete SINCERAMENTE interessati a lui/lei. Ricordate il “Piccolo Principe”? Ecco come esprime il creare un rapporto tra due persone: Bisogna essere molto pazienti. In principio, tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba.  Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino.  Poi il giorno dopo ancora più vicino .. finché mi potrai toccare .. Saremo diventati amici, non avremo più paura uno dell’altro. Questo è ciò che possiamo fare per avvicinarci agli altri. Magari non mettiamoci giorni, ma qualche minuto è preferibile…

ritrattoLiberatorie per il ritratto.

Servono o no??? Eh… dipende da che punto di vista intendiamo la cosa e sopratutto cosa vogliamo fare con quella foto. Siamo onesti con noi stessi: sappiamo che pubblicheremo quella foto su una Rivista Internazionale o Nazionale di ampia diffusione, un sito WEB o un Social come Facebook? Si? E allora DOBBIAMO avere una liberatoria, anche se su facebook apparentemente nessuno si lamenta, ma non è così per tutti perchè per alcuni potrebbe essere una vera violazione del proprio diritto all’immagine e potrebbero prendersela davvero a male.

Se invece sappiamo che quelle foto di ritratto le terremo solo per noi, non abbiamo bisogno di nulla perchè la liberatoria è necessaria solo per la pubblicazione, e non per lo scatto in sè. Il buon senso ci aiuterà a fare le scelte giuste. Se una persona mi ha dato il suo assenso allo scatto, me lo darà probabilmente anche per la pubblicazione. Sempre in linea teorica dovremmo avere con noi un modulo scritto nella lingua locale da far firmare a chiunque. Questo è possibile con una APP che si chiama Easy Release ed è disponibile su iPHONE, unico problema è che contempla le maggiori lingue del mondo e non tiene in alcuna considerazione le lingue minori che parlano 3 miliardi di persone, spesso analfabeti…

Ancora sul buon senso: se andate negli USA e non vi fate firmare la liberatoria state pur sicuri che qualcuno verrà a chiedervene conto in tribunale e ci rimettereste sicuramente perchè avete torto marcio. Le liberatorie fatte firmare prima, insieme al consenso di simpatia, sono decisamente più formali, ma stabiliscono dei ruoli. In Africa non sapete cosa farvene delle Liberatorie perchè spesso (senza qui voler fare discorsi razzisti, ma solo statisticamente veri) i vostri soggetti sono analfabeti o magari possono essere sospettosi, vanifichereste quella sana atmosfera di amicizia che avevate costruito fino a quel momento.

Pagare per un ritratto?

_RGA5727In linea generale direi di non pagare mai nessuno per fargli un ritratto fotografico. Se è vero quello che abbiamo detto fino a questo punto, allora è anche vero che il ritratto a qualcuno in un Viaggio è un puro scambio di cortesia e di simpatia reciproco, la sua forza è nella gratuità stessa del gesto reciproco. Un viso mi piace per una serie di motivi, chiedo esplicitamente di poterlo fotografare, poi all’assenso ricevuto NON può seguire una richiesta di denaro.

In questo caso il rapporto è regolato secondo altri parametri che non sono quelli visti fino a questo punto. I Gladiatori al Colosseo si fanno pagare, ma quelli non sono neanche Romani ma Romeni (è vero!) e fanno quello per mestiere: discutibile e opinabile ma sono lì apposta: se vuoi fotografarli paghi. Di certo NON HAI NULLA DI VERO in loro, non sono veri gli abiti, non sono veri i personaggi, sono dei figuranti in costume che paghi in cambio della loro bonaria prestazione (a Roma chiedono 5-10 Euro). In Etiopia vale la regola del: “1 photo-2Birr” ossia con il nostro cambio: 1 foto per 0,2 Euro.

Queste sono persone che (a differenza dei falsi Gladiatori) mantengono vive le loro tradizioni e la loro cultura che altrimenti svanirebbe in pochi anni e per farlo si mantengono facendosi pagare dai turisti. Niente soldi=niente foto. Con loro il pagamento di una foto per un ritratto è dovuto e serve proprio a far avere per loro un senso a non occidentalizzarsi, a rimanere fedeli alle loro tradizioni. L’uomo di questa foto infine era un personaggio che ho gratificato per sola simpatia, non mi aveva chiesto nulla, e dopo gli scatti, prima di andare via, gli ho dato io un piccolo aiuto. Anche in questo caso il rapporto è perfettamente etico e ben gradito come si vede dalla sua faccia gioiosa… Giusto per la cronaca: questa era la foto più bella che gli ho fatto, l’ho fatta per puro caso prima di andare via.

Promesse.

Con le nostre moderne fotocamere digitali è frequente mostrare le proprie foto al soggetto immediatamente dopo averle scattate. A quel punto viene dal Soggetto la richiesta di inviargli alcune foto su carta o via email o via facebook e la nostra risposta “CERTO!!! LO FARO’ SICURAMENTE” deve poi diventare un impegno sacramentato. L’errore più grave che possiamo fare è quello di mentire a chi si è fidato di noi. NON è etico, non è morale. Siate onesti, leali e mantenete le promesse fatte. SEMPRE.

Conclusioni.

Và dove ti porta il cuore…. Sii spontaneo e goditi quel momento dell’incontro. Sii aperto ad ascoltare, ancor prima di essere spontaneo nel chiedere. La gestione del rapporto sta nelle tue mani, sei tu che scatti, sei tu che chiedi qualcosa, sei tu a dettare i tempi e le modalità, ma devi farlo rispettando gli altri che hai di fronte.

Divertiti insomma e oltre ad una bellissima foto porterai le sensazioni bellissime che hai vissuto davanti a quella persona.

Seconda parte

Leggi la seconda parte della nostra guida: Ritratti (parte 2)

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